Il canto della libreria segreta

da Giu 9, 2025IL FANTASISTA0 commenti

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C’era una volta un Paese dove i libri erano diventati pericolosi. In quel mondo di silenzi imposti e pensieri sorvegliati, persino le parole potevano essere una minaccia. Esisteva un carcere senza nome, sepolto tra i muri grigi del potere, dove il tempo sembrava essersi fermato. Ma la speranza, si sa, ha il vizio di insinuarsi dove nessuno la aspetta.

Tra quelle mura spente e gelide, c’era un uomo: si chiamava Lev, era un insegnante. Aveva gli occhi chiari e molto stanchi, ma dentro brillava ancora la luce dei racconti che un tempo regalava ai suoi alunni. Era stato rinchiuso per aver diffuso “idee sovversive”, cioè i libri, la poesia, l’ alfabetizzazione. Nella stessa prigione, ma in un’ala diversa, c’era anche una bambina di nome Anja, arrestata insieme alla madre durante un’irruzione notturna. La madre era scomparsa da tempo e di Anja, era rimasto solo il silenzio ed uno sguardo che sapeva ascoltare.

Un giorno, durante le ore d’aria, i due si incrociarono. Lei si avvicinò a Lev come attratta da un’eco dimenticata. E lui le sussurrò la fine di una fiaba, senza sapere che in quell’istante stava iniziando proprio la più importante. Poi un giorno, nel fondo di un vecchio armadio abbandonato tra i corridoi della prigione, Lev scoprì uno spazio nascosto. Con alcuni libri recuperati clandestinamente dai prigionieri più anziani, iniziò a creare una piccola libreria segreta. Era una libreria viva: i testi venivano copiati a mano, i racconti riscritti su pezzi di carta, le parole trasmesse a voce.

Anja diventò la sua complice. Aveva imparato a leggere da sola, decifrando i frammenti sbiaditi nascosti sotto il materasso. Ogni sera, si incontravano per copiare storie, leggere ad alta voce, insegnare a chi non sapeva leggere. I prigionieri cominciarono a radunarsi attorno a loro, come attorno a un fuoco invisibile. La prigione, lentamente, si riempì di racconti.

Quella libreria non aveva scaffali, ma cuori che ricordavano.

Un giorno, però, Lev non si presentò. La voce si sparse rapida e silenziosa: lo avevano trasferito, o forse peggio. Anja restò sola davanti all’armadio vuoto. Ma non smise di leggere, né di insegnare. Aveva imparato che le storie possono sopravvivere anche alla paura.

Anni dopo, quando il regime cadde e le porte della prigione si aprirono, una giovane donna dai capelli scuri cominciò a viaggiare tra villaggi e città, portando con sé un baule di libri scritti a mano. Si chiamava Anja. Ed ogni volta che parlava, cominciava così:

“Questa storia viene da un luogo dove leggere era un reato, ma raccontarla era resistere.”

AUTORE : Redazione

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